Il rappresentante Ue per la libertà di religione dà riscontro alla petizione dell’Osservatorio sulla Cristianofobia.
Il 10 ottobre scorso l’Osservatorio sulla Cristianofobia ha portato all’attenzione di Jàn Figel la protesta dei 6.258 firmatari della petizione Liberiamo Asia Bibi e “oggi il Rappresentante speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione Europea risponde loro e a tutti coloro che hanno a cuore la sorte della donna cristiana incarcerata ingiustamente con parole che non lasciano alcun dubbio”. Lo afferma Silvio Dalla Valle, Direttore dell’Osservatorio sulla Cristianofobia. “La libertà di religione e di credo in Pakistan è una delle mie priorità”, ha scritto Figel. “Abbiamo accolto con grande piacere la risposta del Dottor Figel”, prosegue Dalla Valle, “perché, oltre a riconoscere l’attenzione e l’apprensione di moltissime persone per la sorte di Asia Bibi e dei molti cristiani perseguitati, garantisce a tutti noi un impegno concreto per la risoluzione della piaga della Cristianofobia in Pakistan e nel mondo”.
“Sono molto soddisfatto – aggiunge il direttore – dell’impegno costante dei sostenitori dell’Osservatorio sulla Cristianofobia; è grazie a loro che l’attenzione sulla situazione dei cristiani nel mondo si sta facendo sempre più alta e le parole di Jàn Figèl ne sono la dimostrazione”. Le azioni dell’Osservatorio sulla Cristianofobia dell’Associazione Luci sull’Est proseguiranno senza tregua, rinnovando quotidianamente l’impegno ad informare e sollecitare coloro che sono deputati alla difesa della libertà religiosa e di credo in Italia e nel mondo.
BRUXELLES , 26 ottobre, 2016 / 9:00 AM (ACI Stampa).
È tornato la scorsa settimana da una visita ufficiale in Giordania, dove ha potuto non solo parlare di cooperazione tra l’Europa e il piccolo Stato nel Medio Oriente, ma anche toccare con mano la situazione dei rifugiati cristiani. Jan Figel, inviato speciale dell’Unione Europea per la libertà religiosa, guarda con attenzione alla situazione del Medio Oriente, e cerca di implementare relazioni chiave con Paesi come la Giordania. Perché non si tratta solo di parlare del genocidio dei cristiani, ma anche di creare una nuova narrativa. Ne parla con ACI Stampa a margine di un simposio sulla libertà religiosa organizzato dalla rete internazionale di avvocati ADF International a Bruxelles dal 19 al 20 ottobre.
Come definirebbe quello che sta avvenendo in Medio Oriente?
È una priorità politica guardare a quello che sta avvenendo in Medio Oriente, ovvero la persecuzione dei cristiani e di altre minoranze religiose come gli yazidi e musulmani. Credo che la situazione possa essere etichettato come genocidio. Si tratta di un crimine che avviene nel centro geopolitico del mondo, dove tre continenti si incontrano e le religioni più importanti e con più seguito vivono insieme. È evidente che quello che accade in Medio Oriente ricasca anche su altri continenti, anche se non dobbiamo trascurare il fatto che ci sono molti altri posti in cui la libertà religiosa è liquidata, discriminata e oppressa.
Come va affrontata questa situazione?
Servono strumenti e politiche da mettere in atto in maniera efficace.
Quali sono state le sue impressioni dopo il viaggio in Giordania?
È stata una visita politica ufficiale, nella quale ho incontrato rappresentanti del governo giordano, ma anche leader religiosi e della società civile. Sebbene sperimenti un clima di crescente tensione – complice anche l’assassinio dello scrittore cristiano Nahed Hattar per aver condiviso una vignetta sull’imam – le autorità sono molto impegnate nel dialogo e nelle azioni contro la radicalizzazione, la violenza e l’estremismo. Non solo. La Giordania è membro della coalizione anti-Isis, e promuove iniziative significative perché l’Islam venga interpretato in maniera moderata al di là dell’interpretazione radicale. Tra queste iniziative, ricordo il “messaggio di Amman”, la lettera “Una parola comune”, e la Settimana dell’Armonia Religiosa. Sono iniziative che lodo, perché c’è bisogno di un dialogo positivo.
Da primo inviato dell’Unione Europea sulla libertà religiosa, cosa ci si aspetta dall’Unione Europea?
Ci deve essere più cooperazione. La Giordania non ha chiuso i confini, ha raddoppiato quasi la sua popolazione accogliendo i rifugiati ed è praticamente impossibile per loro sostenere questa situazione.
Lo ha dichiarato l’inviato speciale della Commissione Europea per la promozione della libertà di religione, visitando la mostra sui cristiani perseguitati al Meeting di Rimini
Questa mattina Ján Figel, inviato speciale della Commissione Europea per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione Europea, ha visitato la rassegna sulla persecuzione anticristiana portata da Aiuto alla Chiesa che Soffre al Meeting di Rimini, dal titolo La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda. I volti della persecuzione anticristiana, gli interventi per non lasciarli soli.
Figel, che in più di un’occasione aveva già incontrato rappresentanti della Fondazione pontificia, ha espresso un particolare apprezzamento per l’impegno di ACS in difesa della libertà religiosa e lodato la relativa pubblicazione biennale della Fondazione, il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo. L’inviato dell’Ue è stato ufficialmente invitato alla presentazione della XIII edizione del Rapporto che si terrà a Roma il 15 novembre presso l’Associazione Stampa Estera.
“Senza libertà religiosa non avremo neanche libertà politica e civile”, ha affermato Figel visitando l’esposizione di ACS, per poi notare come il “problema del XXI secolo sia rappresentato dall’indifferenza e dalla paura crescenti. L’indifferenza e la paura sono complici del male. Il modo più efficace per dominare i popoli è utilizzare indifferenza e paura. Non dobbiamo avere paura, dobbiamo avere coraggio e alzare la voce per garantire la libertà religiosa nel mondo. La libertà religiosa è infatti la cartina di tornasole del rispetto di ogni altro diritto umano”.
L’inviato dell’Ue per la libertà religiosa ha inoltre sostenuto la campagna lanciata dalla sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre per chiedere alle istituzioni italiane il riconoscimento del genocidio commesso dallo Stato Islamico ai danni delle minoranze religiose in Iraq e Siria. Un passo compiuto dall’Unione europea già nel febbraio scorso. L’iniziativa di ACS si è tradotta in due mozioni presentate alla Camera e al Senato da circa 100 parlamentari, la cui discussione sarà presto calendarizzata.
“100 anni fa si è verificato il primo genocidio – ha esclamato Figel di fronte ad un pannello della mostra ACS che ricorda proprio il genocidio armeno -. È tempo di chiudere il secolo dei genocidi”. L’inviato Ue per la libertà religiosa ha inoltre voluto firmare personalmente la cartolina della campagna ACS per il riconoscimento del genocidio, già firmata da migliaia di visitatori del Meeting.
In merito alla minaccia dell’estremismo islamico Figel ha infine affermato che “l’ISIS diffonde tramite i media la paura e l’ideologia, trasmettendo immagini di uccisioni. Loro non si nascondono, non occultano i loro crimini, ma li pubblicano online. Dobbiamo avere la buona volontà per agire. Ora è il tempo dell’azione”.
Il presidente della Commissione Juncker si affida al politico slovacco per la promozione e la tutela dei credenti oltre i confini comunitari. Il rispetto delle fedi, afferma, è la “condizione preliminare per un mondo più umano nel XXI secolo”
Jàn Figel con Papa Francesco
“La libertà di religione e di credo è un diritto fondamentale alla base della costruzione dell’Unione europea. Alla luce delle persecuzioni che continuano a colpire le minoranze etniche e religiose, è ancor più importante proteggere e promuovere questo diritto dentro e fuori l’Unione”. Con questa motivazione il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha nominato Jàn Figel “rappresentante speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione europea”. Slovacco, 56 anni, deputato e ministro nel suo Paese dove è stato anche leader del Movimento democratico cristiano, Jàn Figel è stato Commissario Ue per istruzione, formazione, cultura e gioventù nel quinquennio 2004-2009; ora entra in carica per un periodo iniziale di un anno. La prima intervista è per il Sir.
Come vede la libertà religiosa, intesa come uno dei diritti fondamentali?
La libertà religiosa è una cartina di tornasole dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Dove non c’è libertà religiosa, di solito manca anche la libertà civile e politica. Ecco perché la comprensione, il rispetto e il sostegno nei confronti della libertà di religione o di credo rappresentano una condizione preliminare per un mondo più umano nel XXI secolo.
Quale contributo possono portare le religioni al dialogo tra le nazioni e alla questione della pace?
La fede e la religione abitano all’interno dell’uomo. E lo stesso si può dire della libertà di dubitare o di non credere. La dignità umana è il valore primario ed essenziale che unisce tutti noi nel mondo civilizzato. Dovrebbe essere un principio universale permanente per tutti. E il dialogo rappresenta la strada per il riconoscimento o per un cambiamento radicale di tale valore. Nel dialogo, cerchiamo risposte e le troviamo. Perché il dialogo è più di due monologhi. Mentre il monologo si limita a confermare e avanzare richieste, soltanto il dialogo sviluppa e costruisce rapporti reciproci – tra le persone, le comunità, le religioni, le nazioni. Abbiamo grande bisogno di una cultura del dialogo nel mondo contemporaneo, in quanto ci porta un arricchimento. Nel dialogo, 1 + 1 fa più di 2, perché si tratta di etica, non di matematica.
Qual è la sua opinione sulla situazione attuale nel campo della libertà religiosa nel mondo? Può definire alcune sfide principali che meriterebbero un’attenzione prioritaria?
La persecuzione e l’intolleranza per motivi religiosi o di credo sono molto diffuse e, purtroppo, questi problemi sono andati peggiorando in molte regioni del mondo. La libertà religiosa è strettamente limitata o negata in più della metà dei Paesi del mondo, e questa tendenza si sta sviluppando in senso negativo. Tutte le religioni, anche se in misura diversa, si trovano sotto l’oppressione di regimi dittatoriali, di leggi anti-proselitismo, di regimi atei militanti o dell’estremismo. Assistiamo anche a un genocidio delle minoranze religiose, soprattutto cristiane, yazidi e di altre religioni, da parte dello Stato Islamico. E non basta puntare l’indice contro questa situazione. È necessario intraprendere un’azione più decisa. Secondo il diritto internazionale, abbiamo l’obbligo di aiutare le vittime delle persecuzioni, dare la caccia ai colpevoli e agire in modo efficace per fermare i genocidi.
Che cosa ci può dire della libertà religiosa entro i confini dell’Unione europea? Si può ritenere un diritto acquisito? L’Ue garantisce questo tipo di libertà sulla base della sua Carta dei diritti fondamentali, che è parte integrante del suo sistema. La definizione e l’attuazione dei diritti collettivi delle Chiese e associazioni religiose è di stretta competenza di ogni Paese membro e l’Ue è obbligata a rispettarle. Oltre a questo, è stato creato uno spazio-sistema in base al Trattato di Lisbona in vista di un dialogo costante, aperto e costruttivo tra Ue e comunità religiose. Su questo vedo un significativo potenziale di atteggiamenti e accordi seri finalizzati al bene comune all’interno dell’Ue e oltre i suoi confini. Finora, però, questo potenziale non è stato utilizzato appieno.
In che modo la crisi migratoria è collegata alla questione della libertà religiosa? Quali sfide dobbiamo affrontare in questo ambito?
Ci sono due volti di questa crisi che devono essere oggetto di discernimento. La migrazione economica consiste nella ricerca di migliori prospettive personali e di auto-realizzazione. Poi ci sono gruppi di persone che sono perseguitate per vari motivi fra cui la fede religiosa, ci sono i rifugiati provenienti dalle regioni in conflitto… La questione migratoria è la sfida più urgente che abbiamo di fronte, che chiama in causa la solidarietà nell’Ue e la pace e la stabilità nelle regioni di conflitto. E – in una seconda fase – la necessità di un’integrazione reale dei migranti, nel caso in cui un interesse sincero e reciproco venga mostrato da entrambe le parti.
Quali saranno le priorità del suo nuovo incarico? Qualche primo passo concreto?
È un mandato senza precedenti, il primo del suo genere nella storia dell’Ue. Non ho alcun ufficio, soltanto lo status di inviato speciale, il che equivale a una collaborazione prevalentemente professionale e politica con la Commissione europea, in particolare nel settore della cooperazione e dello sviluppo internazionale, con un obiettivo chiaro: sostenere la libertà religiosa o di credo nel mondo all’esterno dell’Unione. Insieme al presidente Juncker e al commissario Neven Mimica vorrei collaborare non solo con i rappresentanti dei Paesi membri, ma anche con le Ong internazionali nell’Ue e in tutto il mondo. La libertà non è mai una bene acquisito, è necessario prendersene cura in modo responsabile nei nostri Paesi e all’estero. E salvare almeno un uomo significa salvare l’umanità.
Juncker, annunciato nuovo inviato speciale UE per la difesa e promozione della libertà religiosa nel mondo, venerdì 6 maggio in occasione della cerimonia di consegna del premio Carlo Magno al Santo Padre Francesco nella Sala Regia del Vaticano. L’incarico è stato affidato a Ján Figeľ, precedentemente Commissario Europeo e politico slovacco (Primo Ministro tra il 2010 e il 2012), il cui compito sarà la “promozione della libertà di religione e di credo al di fuori dell’Unione Europea”.
Mandato annuale rinnovabile, questo nuovo ruolo è stato richiesto dalla risoluzione del Parlamento Europeo dello scorso 4 febbraio 2016. “Data l’importanza di promuovere e proteggere la libertà di religione e credo al di fuori dell’Unione Europea, nel contesto del dialogo e dei programmi di assistenza con paesi terzi, l’Inviato Speciale opererà come consigliere speciale del Commissario per la Cooperazione Internazionale e lo Sviluppo, Neven Mimica” – si legge nel comunicato stampa.
“La miseria del mondo non può lasciarci indifferenti, la miseria del mondo è una questione che riguarda anche noi” ha affermato il Presidente Junker, nel corso della premiazione del Pontefice, il quale dopo i ringraziamenti ha condiviso la propria speranza per un’Europa della famiglia “dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande e non un problema dato dalla mancanza di lavoro”, in un orizzonte che abbracci tutta la dignità della persona umana dal bambino all’anziano, dal malato al migrante.
“La libertà religiosa è un principio coessenziale alla fondazione dell’Unione Europea”, ha dichiarato Junker, “l’incessante persecuzione di minoranze religioe ed etniche rende sempre più essenziale proteggere e promuovere questa libertà all’interno e all’esterno dell’UE”.
Finalmente, dunque l’Europa intraprende un importante passo concreto che non rimane mero intento, andando così “oltre le dichiarazioni politiche e le risoluzioni”, commenta Sophia Kuby, director of EU advocacy per ADF International.
“ADF International dà il benvenuto alla istituzione dell’Inviato Speciale” prosegue Kuby, “siamo convinti che questo nuovo inviato sarà voce a chi ora ne è privo, dando inizio ad un nuovo capitolo in cui l’UE prende più seriamente in considerazione i propri doveri nei confronti dei diritti umani”.
Il presidente Juncker nomina il primo inviato speciale per la promozione della libertà di religione e di credo al di fuori dell’Unione europea.
Oggi nel suo discorso in Vaticano in occasione della consegna del premio Carlo Magno a Papa Francesco, il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato che nominerà Ján Figeľ, ex Commissario responsabile per l’Istruzione, la formazione, la cultura e la gioventù, nel periodo 2004-2009, primo inviato speciale per la promozione della libertà di religione e di credo al di fuori dell’Unione europea. Figeľ assume oggi la carica con un primo mandato di un anno.
Il Presidente Juncker ha dichiarato: “La libertà di religione e credo è un diritto fondamentale alla base della costruzione dell’Unione europea. Alla luce delle persecuzioni che continuano a colpire le minoranze etniche e religiose, è ancor più importante proteggere e promuovere questo diritto dentro e fuori l’Unione. Sono certo che Ján Figeľ, il nostro inviato speciale, ci sosterrà in questo compito aiutandoci a mettere meglio a fuoco il problema e assicurando che questa importante questione riceva tutta l’attenzione che merita.”
L’iniziativa è sostenuta dal Parlamento europeo, che l’aveva auspicata nella risoluzione del 4 febbraio 2016. In considerazione dell’importanza della promozione e della protezione della libertà di religione e credo al di fuori dell’UE, nel contesto dei programmi UE di dialogo e assistenza che riguardano i paesi terzi, l’inviato speciale avrà la funzione di consulente speciale del Commissario per la cooperazione e lo sviluppo Neven Mimica. Il mandato di un anno è rinnovabile.
Ján Figeľ, che ha una vasta esperienza in politica europea e internazionale, è stato Commissario per l’Istruzione, la formazione, la cultura e la gioventù dal 2004 al 2009 e vice Primo ministro della Repubblica slovacca dal 2010 al 2012.
Come parte del suo incarico Figeľ presenterà una relazione nel contesto del dialogo, in corso tra la Commissione, le chiese e le comunità e associazioni religiose, condotto dal primo Vicepresidente Frans Timmermans.