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  • L’Unione Europea finanzia l’indottrinamento islamista nelle scuole pakistane

    L’Unione Europea finanzia l’indottrinamento islamista nelle scuole pakistane

    L’Unione europea finanzia l’indottrinamento islamista nelle scuole pakistane

    Secondo un rapporto del 2024 intitolato Pakistan, Education System, Curriculum and Eu Funding, redatto da Sallux/Ecpm (European Christian Political Movement), tra il 2016 e il 2024, l’Unione europea ha speso più di 150 milioni di euro per l’istruzione in Pakistan.

    Questo report contiene oltre 40 pagine di brani scelti e immagini tratti da libri di testo scolastici che dimostrano come le opinioni espresse nei programmi di studio ufficiali del Pakistan non sono compatibili con i valori dell’Ue espressi nella sua Carta dei Diritti Fondamentali.

    Questo  uso improprio del denaro dei contribuenti dell’Unione europea è emerso durante un incontro presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, nel corso della recente 58a sessione del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu.

    Il  Sistema di Preferenze Generalizzate Plus (Spg+) dell’Unione europea incoraggia i Paesi in via di sviluppo (come il Pakistan) a perseguire uno sviluppo sostenibile e una buona governance. I Paesi ammissibili devono attuare 27 convenzioni internazionali in materia di “diritti umani, diritti dei lavoratori, ambiente e buona governance”.

    Attualmente, l’Ue è il secondo partner commerciale più importante del Pakistan e due anni fa rappresentava il 15,3 per cento del commercio totale del Paese. Il Pakistan è uno dei  principali beneficiari delle opportunità commerciali offerte dal   Sistema di Preferenze Generalizzate (Spg) dell’Unione europea. Dal 1° gennaio 2014, il Pakistan beneficia di generose preferenze tariffarie (per lo più dazi nulli su due terzi di tutte le categorie di prodotti) nell’ambito del cosiddetto sistema Spg+

    L’evento, tenutosi presso la sede delle Nazioni Unite, intitolato “Diritti Umani in Pakistan: Istruzione sotto assedio – Ideologia, Intolleranza ed Erosione dei Diritti umani in Pakistan”,  ha messo in luce il sistema educativo islamico estremista del Paese e le sue crescenti violazioni dei diritti umani. È stato organizzato da Cap Freedom of Conscience, una Ong francese con status consultivo speciale presso le Nazioni Unite, Human Rights Without Frontiers (Hrwf) e Global Human Rights Defense (Ghrd).

    L’ex commissario europeo Ján Figeľ, nonché primo rappresentante speciale dell’Ue per la promozione della libertà di religione o credo al di fuori dell’Unione europea, ha affermato nel suo discorso programmatico che “le strutture costituzionali e penali del Pakistan, in particolare le leggi sulla blasfemia, sono particolarmente dure e alimentano una discriminazione diffusa”.

    Figeľ  ha citato un caso in cui i religiosi islamici pakistani  hanno costretto un docente universitario, Sher Ali, a rinunciare pubblicamente all’insegnamento di una serie di credenze e idee in contraddizione con la legge islamica. Una di queste idee era la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin. Nel 2022, l’esplosione di una bomba magnetica collocata sotto la sua auto costrinse Ali a rimanere su una sedia a rotelle per mesi.

    “Il Pakistan è il maggiore beneficiario dell’Spg+, ma la situazione dei diritti umani non è migliorata di molto”, ha affermato Figel’. “L’Ue deve rivalutare il prezzo di questo silenzio”.

    Il suo appello è stato appoggiato da Willy Fautré, direttore di Human Rights Without Frontiers. “Questa non è istruzione, è coercizione ideologica”, ha dichiarato Fautré. “È in gioco la credibilità dell’Ue. Se l’Europa vuole continuare ad essere un attore importante in materia di diritti umani deve garantire che i fondi pubblici non consentano l’erosione del pluralismo e della libertà accademica”.

    Fautré ha rilevato: “Accettando di fatto questa situazione e non sanzionando la mancata attuazione dell’Spg+ da parte del Pakistan, l’Ue ha fatto un uso improprio del denaro dei contribuenti europei e ha perso la sua credibilità come potenza commerciale guidata da valori umani”.

    Fautré ha elencato alcune delle “costanti e gravi violazioni dei diritti umani che sono rimaste immutate per 10 anni”, tra cui l’invenzione di casi di blasfemia contro cristiani, ahmadi e altre minoranze religiose; atti di violenza e violenze di massa contro membri di comunità religiose minoritarie; e il radicamento di scuole coraniche (madrase), fari di indottrinamento ed estremismo, che sfuggono al controllo dello Stato.

    Uno degli argomenti principali affrontati dai relatori è stato il “Programma di studi nazionale unico (Snc)”, introdotto nel 2020 nelle scuole pubbliche pakistane.

    “Il programma ha suscitato forti critiche da parte di esperti in materia di istruzione e difensori dei diritti umani per la sua mancanza di inclusività, l’eccessiva enfasi sui contenuti religiosi islamici a scapito delle minoranze religiose, l’ideologia subliminale della supremazia islamica e la scarsa pedagogia”, ha osservato Fautré.

    Anche l’organizzazione per i diritti umani Open Doors, nel suo rapporto del 2024, ha fatto riferimento alla “cultura sempre più islamizzante” e al sistema educativo del Pakistan.

    L’introduzione di un “Programma di studi nazionale unico” nelle scuole denigra le minoranze religiose e impone l’insegnamento del Corano e di materie come matematica e scienze in modo islamizzato. Così, la religione permea l’educazione scolastica, dividendo bambini e famiglie. I gruppi islamici radicali stanno proliferando (…) e vengono usati come alleati da vari gruppi politici. 

    Inna Chefranova, direttrice Esecutiva della  Piattaforma europea di Facilitazione,  ha parlato della difficile situazione delle ragazze appartenenti a minoranze religiose, vittime di rapimenti, conversioni forzate e “matrimoni” forzati. Ha citato il caso di una 13enne cattolica, Arzoo Raja, rapita, convertita all’Islam e costretta a sposare un uomo più anziano nel 2020, illustrando le conseguenze del sistema giudiziario e scolastico pakistano.

    “L’Ue non può continuare a garantire i privilegi dell’Spg+ finché persiste un abuso sistemico. Il monitoraggio senza l’applicazione delle misure di controllo non aiuta le vittime”, ha affermato Chefranova. “L’istruzione dovrebbe essere uno strumento di inclusione, non di indottrinamento. Finché le riforme non saranno attuate, il sostegno dovrebbe essere subordinato a progressi misurabili”.

    Nel corso dell’evento è stato condiviso anche un messaggio registrato dell’eurodeputato Bert-Jan Ruissen, copresidente dell’intergruppo dell’Ue sulla libertà di religione o di credo. 

    “Finanziamo l’istruzione in Pakistan, ma non ci assumiamo la responsabilità di ciò che quell’istruzione insegna. Questo è inaccettabile”, ha osservato Ruissen. 

    Un’indagine del 2024 condotta da Ruissen sulla Commissione europea  ha confermato che il denaro dei contribuenti dell’Ue era stato stanziato in favore di “seminari religiosi” in Pakistan. Facendo riferimento all’indagine, Ruissen ha chiesto un intervento parlamentare. Ha rilevato che “l’Unione europea deve integrare queste preoccupazioni nella prossima revisione dell’Spg+. Non possiamo sovvenzionare l’odio e l’esclusione”. 

    Di conseguenza, l’Ue favorisce un programma discriminatorio ed estremista che porta a un’ulteriore islamizzazione della popolazione pakistana. L’Unione europea sostiene inoltre l’oppressione di tutti coloro che nel Paese non sono islamisti e una cultura violenta che viene trasportata in Europa attraverso l’immigrazione di massa. Purtroppo, sembra che l’Ue sia diventata, in una certa misura, un catalizzatore dell’islamizzazione, sia nel Vecchio Continente che altrove.

    (*) Tratto da The European Conservative

    (**) Traduzione a cura di Angelita La Spada

    Aggiornato il 29 aprile 2025 alle ore 09:34

    Original link: https://opinione.it/esteri/2025/04/28/uzay-bulut-unione-europea-finanzia-indottrinamento-islamista-scuole-pakistane/

  • Ján Figeľ sulla Nigeria all’Europarlamento: libertà religiosa anzitutto

    Ján Figeľ sulla Nigeria all’Europarlamento: libertà religiosa anzitutto

    Il problema resta uno e uno solo: i perseguitati per la fede, perseguitati che non hanno protezione. «La UE ripristini l’ufficio dell’“Inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo fuori dall’Unione Europea”»

    Stasera, dopo le 18:00, presumibilmente in tarda serata, il Parlamento Europeo discuterà del genocidio dei cristiani in atto, non da oggi, in Nigeria. Step timido, ma decisivo. Se infatti non si incomincia, non si andrà mai in alcun luogo, figuriamoci lontano. Il silenzio che circonda l’ecatombe nigeriana è una delle molte macchie sulla coscienza della politica internazionale; quindi, il primo passo di oggi va salutato comunque con favore. Certo, non è in discussione alcuna risoluzione e quindi non accadrà nulla di fatto. Ma, ancora, davvero meglio che nulla.

    La Nigeria, infatti, lo merita. Lo afferma senza mezzi termini Ján Figeľ, uomo politico slovacco, già «Inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo fuori dall’Unione Europea», al centro di una controversia diciamo curiosa di cui «iFamNews» si è volentieri occupata, persino lanciando una petizione a favore del rinnovo del suo mandato da parte della Commissione Europea quando la Commissione Europea cercava di fare di tutto per guardare altrove.

    «La Nigeria», mi dice Figel’, «è il Paese più grande dell’Africa e per questo i suoi molteplici e dolorosi problemi non debbono essere sottovalutati o ignorati dalla comunità internazionale. Gli attacchi sanguinosi e ripetuti contro le comunità cristiane da parte dei militanti islamisti debbono essere fermati e i crimini commessi debbono essere perseguiti dalle autorità dello Stato. Il presidente Muhammadu Buhari e il governo della Nigeria debbono mostrare di sforzarsi davvero per l’ottenimento della giustizia per tutti. La giustizia è infatti fondamentale per la dignità delle persone, per la pace, per la stabilità e per lo sviluppo sostenibile di questo importante Paese».

    Il problema nigeriano è enorme, e il prezzo, carissimo, lo stanno pagando i cristiani. I motivi per cui i cristiani vengono colpiti sono tanti, di natura economica e di natura politica. Ma capita in Nigeria una cosa particolarmente antipatica: la religione, cristiana, delle vittime viene adoperata come scusa per celare mire di natura economica e politica, e al contempo i problemi di natura economica e politica tali sono per ragioni anche religiose. È ciò che «iFamNews» sta cercando di dire da lunedì, quando afferma che in Nigeria il cristianesimo, e la cultura che ne deriva, e la civiltà che ne nasce, è uno strumento di emancipazione vera e di progresso autentico in una regione e a fronte di forze che, proprio perché di questo sono convinte, ma vogliono ostacolare il processo virtuoso, massacrano i cristiani: colpevoli religiosamente e culturalmente.

    Queste porte girevoli stanno piegando regioni e popoli interi, e fanno del tema «libertà religiosa» ancora una volta la necessità prima: libertà religiosa in sé come valore primario e libertà religiosa come alveo necessario alla politica buona.

    «La continua persecuzione delle minoranze religiose e delle persone di fede nel mondo», mi spiega ancora Figel’, che ha toccato a lungo questa realtà grave con mano, «conferma l’urgenza di proteggere e di promuovere la libertà di credo a livello internazionale. Perché, purtroppo, milioni di persone sono private di questo diritto. L’Unione Europea deve quindi senza indugio ripristinare l’ufficio dell’“Inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo fuori dall’Unione Europea”».

    Proprio ciò che Figel’ è stato, è stato egregiamente e anche «iFamNews» chiede sia ancora. Figel’ o altri della sua statura morale e professionale. Il problema resta infatti uno e uno solo: i perseguitati per la fede, perseguitati che non hanno protezione.

  • San Giovanni Paolo II è cittadino onorario della capitale slovacca Bratislava

    San Giovanni Paolo II è cittadino onorario della capitale slovacca Bratislava

    La proposta è stata di Ján Figel, presidente della Fondazione Anton Tunega

    La emissione filatelica della Slovacchia per i cento anni della nascita di Giovanni Paolo II

    Foto: www.buongiornoslovacchia.sk

    CITTÀ DEL VATICANO , 19 dicembre, 2020 / 1:00 PM (ACI Stampa).

    Giovedì scorso, 17 dicembre, il Consiglio comunale della capitale della Slovacchia ha preso la decisione di dichiarare cittadino onorario di Bratislava san Giovanni Paolo II, ha annunciato l’agenzia TASR.

    La proposta di concedere la cittadinanza onoraria al Papa slavo è stata fatta da Ján Figel, presidente della Fondazione Anton Tunega, negli anni 2016-2019 inviato speciale dell’UE per la libertà religiosa. In una lettera al sindaco della capitale Matus Vallo, Figel ha ricordato come Giovanni Paolo II abbia contribuito in modo significativo alla pace e all’amicizia tra le nazioni, ha arricchito la conoscenza umana e ha aiutato nello sviluppo della Slovacchia e di Bratislava in un’Europa diventata di nuovo libera e unita.

    La concessione della cittadinanza onoraria dovrebbe essere quindi un apprezzamento e gratitudine per il suo rapporto eccezionale con la Slovacchia e Bratislava, un’espressione di rispetto per la sua persona, nonché un segno di appartenenza alla sua eredità. Giovanni Paolo II ha visitato la Slovacchia tre volte: nel 1990, quattro mesi dopo la caduta della cortina di ferro in quella che allora era la Cecoslovacchia, nel 1995 quando visitò Bratislava, Nitra, Šaštín, Košice, Prešov, Spišská Kapitula, Levoča, Poprad e i monti Alti Tatra; la sua ultima visita la fece nel 2003 quando si recò a Banská Bystrica, Rožňava e Bratislava.

    Come ha sottolineato l’ambasciatore della Repubblica Slovacca presso la Santa Sede, Marek Lisánsky in occasione del centenario della nascita di Karol Wojtyla “Papa San Giovanni Paolo II è una delle personalità più importanti nella storia del mondo non solo del XX secolo e ha un posto permanente e insostituibile nella nostra storia slovacca”.

    La cittadinanza onoraria può essere concessa ai cittadini slovacchi ma anche agli stranieri. Per la concessione della cittadinanza onoraria viene rilasciato uno speciale documento firmato dal sindaco e il nome del cittadino onorario viene registrato in un Libro d’Oro di Bratislava.

    E’ un fatto molto significativo che la cittadinanza onoraria a Giovanni Paolo II è stata concessa mentre la città di Bratislava revocava tale cittadinanza al dittatore sovietico Joseph Stalin e al primo presidente comunista della Cecoslovacchia, Klement Gottwald.

    https://www.acistampa.com/story/san-giovanni-paolo-ii-e-cittadino-onorario-della-capitale-slovacca-bratislava-15838
  • VATICANO: VALKENBURG NUOVO AMBASCIATORE DELL’UE

    VATICANO: VALKENBURG NUOVO AMBASCIATORE DELL’UE

    GD – Città del Vaticano, 21 giu. 20 – (ACI STAMPA) – La diplomatica olandese Alexandra Valkenburg è il nuovo ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede, l’Ordine di Malta e le organizzazioni delle Nazioni Unite a Roma, nonché presso la Repubblica di San Marino. Viene dal ruolo di ambasciatore dei Paesi Bassi a Cuba e in Giamaica.

    Valkeburg prende il posto di Jan Tombinski, che è stato la scorsa settimana in visita di congedo.

    Valkenburg è entrata nel ministero degli Affari Esteri dei Paesi Bassi nel 1996. Ha lavorato nel multilaterale a New York e a Paramaribo. Dal 2009 al 2012 è stato capo della cooperazione allo sviluppo in Guatemala; dal 2012 al 2016 è stato capo del dipartimento dei Diritti Umani e affari politici e giuridici, nella direzione delle istituzioni multilaterali e dei diritti umani. Dal 2016, è stata ambasciatore dei Paesi Bassi a Cuba.

    La scelta del nuovo ambasciatore arriva nella settimana in cui la Commissione Europea ha deciso di terminare il mandato dell’Inviato Speciale per la Promozione della Libertà di Religione e di Credo al di fuori dell’Unione Europea. Creato nel 2016, nel giorno in cui Papa Francesco riceveva il Premio Carlo Magno, l’ufficio è stato guidato da Jan Figel. Durante il suo mandato, Figel ha ottenuto alcuni grandi successi, come la liberazione di Asia Bibi.

    Il suo mandato non era stato rinnovato, e si attendeva una decisione della Commissione Europea, che ha deciso alla fine di chiudere l’ufficio, pur dichiarando tra le sue priorità quella della libertà religiosa o di credo.

    Una decisione difficile da comprendere, perché l’ufficio dell’inviato speciale per la libertà religiosa è stato anche replicato in diversi Paesi del mondo. Adina Portaru, consigliere legale per ADF International a Brussels, ha voluto sottolineare che “in tutto il mondo, le persone sono ostracizzate, imprigionate, torturate e uccise per la loro fede. In un tempo di crescenti restrizioni sulla libertà religiosa, siamo speranzosi che l’Unione Europea renderà prioritario questo diritto fondamentale attraverso altri mezzi”.

    ADF International è stato solo una delle molte organizzazioni che hanno sostenuto la necessità di mantenere l’ufficio. L’Inviato Speciale è stato difeso dall’Intergruppo del Parlamento Europeo sulla libertà di Religione o Credo e sull’Intolleranza religiosa, nonché dalla società civile, ed esperti internazionali di libertà religiosa, e dall’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i cristiani.

    Rispondendo ad una lettera degli esperti, la Commissione ha comunque concordato che “insieme con altri diritti fondamentali, la libertà di religione o di fede è messa in discussione in tutto il mondo”.

    La nomina del nuovo ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede è arrivata nella stessa settimana in cui la Commissione Europea ha deciso di chiudere l’ufficio dell’Inviato Speciale per la Libertà Religiosa fuori dall’Unione, raccogliendo le proteste di molti.

    Nel multilaterale, la Santa Sede è intervenuta ad un dibattito sul razzismo presso il Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, mentre a Vienna si è parlato di come la crisi della pandemia lasci spazi aperti alla corruzione.

    di Alessandro Gagliarducci

    https://www.giornalediplomatico.it/Vaticano-Valkenburg-nuovo-ambasciatore-dellaUE.htm

  • Europa, l’obiettivo di un “cambiamento climatico sulla libertà religiosa”

    Europa, l’obiettivo di un “cambiamento climatico sulla libertà religiosa”

    È cominciato il lavoro della nuova Commissione Europea e ancora non si sa serà rinnovato il mandato dell’inviato speciale sulla libertà religiosa fuori dall’UE

    BRUXELLES , 11 dicembre, 2019 / 2:00 PM (ACI Stampa).-

    L’ultimo rapporto dell’Osservatorio sulle Intolleranza e le Discriminazioni anti-cristiane in Europa ha documentato circa 500 casi di discriminazione anti-cristiana sul suolo del continente solo nell’ultimo anno. Ma se c’è in Europa una persecuzione sottile dei cristiani, che passa anche per vandalismi alle chiese più o meno documentati, è anche vero che i cristiani sono la religione più perseguitata al mondo. E l’ultima commissione Europea ha guardato con attenzione al fenomeno delle persecuzioni religiose istituendo l’ufficio dell’inviato speciale sulla libertà religiosa fuori dall’Unione Europea.

    Istituito nel giorno in cui è stato consegnato a Papa Francesco il premio Carlo Magno, l’ufficio era stato affidato a Jan Figel, ed ha avuto particolari successi, come la liberazione di Asia Bibi. Con la nuova commissione europea, e il nuovo alto rappresentante della politica estera dell’Unione Josep Borrel, si dovrà decidere se rinnovare il mandato a Figel.

    Intanto, lo scorso 15-16 ottobre, si è tenuto a Bruxelles un evento sull’ “Inventario della libertà religiosa”, per riepilogare i passi avanti ottenuti e certificare quanto è importante il tema della libertà religiosa per il futuro.

    Proprio Figel ha preso la parola al termine dell’incontro. Ha sottolineato che “la libertà di religione e credo è condizione di buon governo, importante per credenti e non credenti”, che “rappresenta la dignità umana, un principio fondamentale dei diritti umani”, e ha chiesto un “cambiamento climatico sul tema della libertà religiosa”

    La libertà religiosa – ha aggiunto –è stata “per decenni un diritto umano messo da parte, abbandonato, male interpretato”, tanto che oggi “il 79 per cento della popolazione globale vive in nazioni con alti o molto alti ostacoli contro la libertà religiosa”.

    Per Figel, ci sono quattro livelli di problemi e crisi: l’intolleranza, la discriminazione, la persecuzione e il genocidio.

    Basandosi su dati del Pew Research Center del luglio 2019,. Figel ha notato che “le restrizioni dei governi sulle religioni sono cresciute nel mondo, e ci sono 52 governi che impongono alte restrizioni alla religione, come in Russia, Cina, Indonesia.

    Sono cresciute anche le ostilità sociali contro la religione, così come i limiti sulle attività religiose e gli attacchi dei governi contro la libertà religiosa, in particolare in Medio Oriente e Nord Africa, dove la crescita è stata del 72 per cento.

    Figel ha citato anche il rapporto del governo britannico, che ha definito la libertà religiosa quasi a livello di un genocidio.

    Ha detto, però, che ci sono anche notizie di un risveglio sul tema della libertà religiosa, come le linee guida dei 28 membri UE sulla libertà religiosa adottate nel 2013, il gruppo internazionale di contatto per i diplomatici attivo dal 2015 e l’ufficio di Figel attivo dal 2016.

    Figel ha quindi fatto cinque raccomandazioni: di lavorare sulla libertà religiosa in una cornice di diritti umani; di accrescere la letteratura sul tema; di supportare l’impegno con gli attori religiosi; di implementare un approccio più strategico e contestualizzato a livello nazionale; di portare avanti un coordinamento tra gli Stati membri e l’Unione sulla libertà religiosa.

    Tra le varie attività di questo quinquennio, Figel ha lanciato anche la Dichiarazione per la Dignità Umana per Tutti e in Ogni Luogo, firmata da accademici e politici.

    Figel è stato coinvolto nel caso Asia Bibi anche per mettere in luce i temi della libertà religiosa, considerando che il caso della donna pakistana è diventato famoso in tutto il mondo perché si è trattato di un evidente “abuso della libertà di religione”.

    Figel ha potuto andare in Pakistan la prima volta nel dicembre 2017, dopo un anno di lavoro, e ha fatto una seconda visita nel 2018. Figel ha sottolineato che “nei miei dialoghi, a tutti i livelli, ho parlato dell’importanza della dignità e della giustizia per tutti gli abitanti del Pakistan, specialmente le minoranze. Ho parlato instancabilmente con i miei interlocutori di alto livello dell’importanza che ci siano chiari segni che le autorità pakistane si stanno muovendo verso uno Stato di diritto e una giustizia per tutti. La giustizia in ritardo è una giustizia negata”.

    Il coinvolgimento nel caso di Asia Bibi, decisivo per la sua scarcerazione, ha per Figel mostrato che “l’Unione Europea è un “soft power che può facilitare positivi cambiamenti nel mondo su giustizia, sviluppo sostenibile, protezione dei diritti umani, attraverso una più efficiente promozione della Libertà Religiosa”.

    https://www.acistampa.com/story/europa-lobiettivo-di-un-cambiamento-climatico-sulla-liberta-religiosa-12897

  • Asia Bibi, prime parole dal Canada: “Non ho mai indebolito la mia fede”

    Asia Bibi, prime parole dal Canada: “Non ho mai indebolito la mia fede”

    E Jan Figel, inviato speciale dell’Unione Europea per la libertà religiosa, spiega ad ACI Stampa le tappe che la hanno portata in Canada

    BUDAPEST, 11 settembre, 2019 / 6:00 PM (ACI Stampa).

    Dal luogo in Canada dove è con la sua famiglia a seguito dell’assoluzione dalla condanna a morte per blasfemia, Asia Bibi invia un audio messaggio al mondo, sottolinea di non aver perso la fede, chiede di ascoltare con cura qualunque accusato prima di condannarlo e mostra preoccupazione per quanti sono ancora in prigione condannati per blasfemia in Pakistan.

    Papa Francesco saluta i familiari di Asia Bibi al termine di una udienza generale nel 2015 Foto: © Service Photo Vatican – SFV

    La donna, madre di cinque figli e al centro di una grande mobilitazione internazionale, era stata condannata a morte per blasfemia nel 2010 in Pakistan, dopo una disputa con delle donne musulmane per via di un bicchiere di acqua. La condanna era stata confermata nel 2014, ma lo scorso anno la Corte Suprema del Pakistana aveva cancellato la condanna. Per otto mesi, Asia Bibi è rimasta con il marito in una località segreta del Punjab per otto mesi, in attesa della revisione della sentenza, e poi si è potuta rifugiare in Canada.

    Nel video, Asia Bibi sottolinea di credere in Gesù e attribuisce la sua libertà a Gesù. “Non ho mai indebolito il mio credo. Voglio chiarire questo, che non ho fatto niente di sbagliato. Chiedo a tutto il mondo di pensare prima di prendere una decisione sbagliata. Ascoltate, prima, poi decidete”.

    Asia Bibi chiede anche di pensare alle persone “nel braccio della morte per blasfemia”, di pensare loro “in maniera positiva e di essere positivi nei loro confronti”, di andarli a visitare ed ascoltarli. E poi aggiunge: “Questo è il mio messaggio, è la mia passione, è la mia richiesta al mondo. Per favore, in nome di Dio, non accusate nessuno ingiustamente”.

    Infine, chiede che “tutti i popoli da tutte le religioni devono vivere insieme in pace, sicurezza e fratellanza”.

    In particolare, Asia Bibi ringrazia Jan Figel, inviato speciale dell’Unione Europea per la libertà religiosa fuori dell’Europa.

    Parlando con ACI Stampa, Jan Figel ha sottolineato che la ragione per cui Asia Bibi è dovuta rimanere in Pakistan otto mesi prima di poter essere messa al sicuro è dovuta al fatto che “il governo di Imran Khan e le forze militari in Pakistan hanno usato questo ritardo per portare la situazione nella nazione sotto vero controllo”.

    Figel ha anche detto che “sotto il precedente governo di Sharif, i mullah con relativamente piccoli gruppi di seguaci potevano prendere le strade in ostaggio, e de facto hanno dettato alcune decisioni al governo eletto. Ora, i leader dei gruppi militanti e gli estremisti violenti sono stati messi in carcere dopo le pubbliche proteste”.

    Figel ha lanciato la Dichiarazione per la Dignità Umana per Tutti e in Ogni Luogo, firmata da accademici e politici. Figel è stato coinvolto nel caso Asia Bibi anche per mettere in luce i temi della libertà religiosa, considerando che il caso della donna pakistana è diventato famoso in tutto il mondo perché si è trattato di un evidente “abuso della libertà di religione”.

    Figel ha potuto andare in Pakistan la prima volta nel dicembre 2017, dopo un anno di lavoro, e ha fatto una seconda visita nel 2018. Figel ha sottolineato che “nei miei dialoghi, a tutti i livelli, ho parlato dell’importanza della dignità e della giustizia per tutti gli abitanti del Pakistan, specialmente le minoranze. Ho parlato instancabilmente con i miei interlocutori di alto livello dell’importanza che ci siano chiari segni che le autorità pakistane si stanno muovendo verso uno Stato di diritto e una giustizia per tutti. La giustizia in ritardo è una giustizia negata”.

    Durante i suoi incontri, Figel ha anche messo in luce come il caso di Asia Bibi fosse sotto osservazione da parte di tutta la comunità internazionale. Il Pakistan si sentiva protetto da una serie di rapporti commerciali con l’Unione Europea, ma Figel ha sottolineato che “lo status quo” non è abbastanza, e che il Pakistan avrebbe dovuto anche rispettare i trattati internazionali che proteggono le minoranze.

    Nonostante tutti questi colloqui, Figel ha notato che “ci sono stati reali progressi solo dopo le elezioni d’estate in Pakistan e con l’arrivo del governo di Irman Khan. Il governo è stato tanto coraggioso da togliere la responsabilità dalle mani dei gruppi militanti che, durante il precedente governo avevano tenuto in ostaggio la nazione”.

    Dopo la decisione della Corte Suprema di rilasciare Asia Bibi, il ruolo di Figel è stato indirettamente messo in luce da una dichiarazione del novembre del 2018 da parte del network islamico militante Pakistano. La dichiarazione attaccava il governo di Imran Khan e gli alleati che stavano liberando Asia Bibi, e tra questi includevano Figel come alleato di questo governo.

    L’inviato speciale dell’Unione Europea ha detto di aver “realizzato a quel punto che sarei potuto diventare un obiettivo dell’estremismo violento. In fondo, hanno ucciso i difensori di Asia Bibi (come il ministro federale Shabbaz Bhatti, il governatore del Punjab Salman Taseer) e hanno molti seguaci all’estero”.

    Dopo il rilascio di Asia Bibi, non ha potuto visitare il Pakistan, ma ha potuto tenersi in contatto con Asia Bibi in maniera regolare, mentre lei era in custodia in un posto segreto in Punjab. “Abbiamo avuto anche frequenti scambi video ed audio grazie a un mio collaboratore in Punjab che è stato molto coraggioso. Asia Bibi è stata grata per la sentenza positiva e il fatto che i bambini fossero sicuri all’estero. Ma con i lunghi ritardi dovuti alla revisione giuridica della sentenza e nessuna certezza su come tutto si sarebbe evoluto, aveva bisogno di supporto umano e psicologico in alcuni periodi”.

    Dopo la sentenza positiva della Corte Suprema, era chiaro che la famiglia dovesse lasciare il Paese, e così sono cominciati i lavori per garantire alla famiglia assistenza umanitaria di emergenza in diverse nazioni. Si parlava di tre diverse nazioni europee e del Canada, e il Canada a dicembre ha confermato formalmente che avrebbe garantito asilo con una dichiarazione del Primo Ministro Justin Trudeau a Parigi, durate il centesimo anniversario della Prima Guerra Mondiale.

    Così, “con l’aiuto di un’altra nazione, le figlie di Asia Bibi e la famiglia che si prendeva cura di loro sono state portate da Lahore a un posto sicuro in Canada, l’unica nazione che era pronta ad accoglierlo”.

    I negoziati sono stati supportati dalla Santa Sede, e un segnale incoraggiante è venuto dalla decisione di Papa Francesco di creare cardinale l’arcivescovo di Karachi Joseph Coutts nel 2018.

    Quando Asia e suo marito Ashiq hanno avuto il passaporto e il permesso di viaggiare, “il Canada era l’unica destinazione logica dove la famiglia si sarebbe riunita. Questo è stato un tema decisivo. Altri governi hanno offerto assistenza, ma il Canada era la soluzione più semplice”.

    Figel ha aggiunto che “Asia Bibi è una donna mirabilmente coraggiosa e una madre attenta. Non ha mai abbandonato la sua fede cristiana, e se si fosse convertita avrebbe avuto la libertà immediata. Ha rappresentato un incoraggiamento per molti altri che affrontano accuse di blasfemia”.

    La sua figura può essere alla base di un movimento di riforma in Pakistan che tocca anche la legge sulla blasfemia. Non solo. Per Figel, tutto questo prova che l’Unione Europea è un “soft power che può facilitare positivi cambiamenti nel mondo su giustizia, sviluppo sostenibile, protezione dei diritti umani, attraverso una più efficiente promozione della Libertà Religiosa”.

    https://www.acistampa.com/story/asia-bibi-prime-parole-dal-canada-non-ho-mai-indebolito-la-mia-fede-12190

  • Libertà religiosa nel mondo: Figel’ (Ue), “violenze e discriminazioni, serve un’azione decisa e cora

    Libertà religiosa nel mondo: Figel’ (Ue), “violenze e discriminazioni, serve un’azione decisa e cora

    L’ex commissario europeo ricopre l’incarico di inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo nel mondo. Al Sir spiega la drammatica situazione che si registra oggi in molti Paesi. “C’è in gioco – chiarisce – un criterio di civiltà. Si tratta di una cartina di tornasole di tutti i diritti umani. Quando mostriamo la nostra solidarietà ragionevole e tempestiva con coloro che soffrono, stiamo preservando l’umanità e stiamo operando contro l’odio e la violenza”

    Alla fine della primavera 2016, la Commissione europea aveva istituito la carica di inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Ue. A più di due anni di distanza, ne parliamo con l’incaricato, il primo inviato speciale, Ján Figeľ, slovacco, già Commissario europeo, ministro nel suo Paese. Un confronto a partire dalle aree del mondo più critiche in relazione alla libertà religiosa, per addentrarci nelle persecuzioni delle minoranze religiose, negli eventuali miglioramenti della situazione e nelle principali sfide che si riscontrano oggi in questo campo.

    Quale situazione ha trovato, al momento della sua nomina, a proposito della libertà religiosa? E oggi, a che punto siamo?

    La mia nomina è stata una reazione alle atrocità e ai genocidi contro cristiani, yazidi e altre minoranze religiose ed etniche in Medio Oriente commesse dai terroristi dell’Isis. La guerra in Iraq è finita e ora dobbiamo lavorare sulla riconciliazione e la ricostruzione. Anche gli anni di guerra più difficili in Siria sono finiti e il Paese, si spera, raggiungerà una pacificazione. Milioni di rifugiati hanno però bisogno di tornare a casa. Atrocità di massa contro i Rohingya sono state commesse dai militari in Myanmar nel 2017 e oltre 700mila persone perseguitate sono fuggite in Bangladesh. D’altro lato, risulta evidente una maggiore consapevolezza dell’importanza della libertà religiosa. Posizioni politiche, programmi diplomatici e progetti di sostegno specifici dedicati alla situazione delle minoranze religiose sono stati stabiliti negli ultimi anni in Danimarca, Germania, Regno Unito, Ungheria, Italia, Polonia…

    I dati statistici dicono che il 79% delle persone vive in Paesi con situazioni difficili nel campo della libertà religiosa. È un numero alto… Quali sono le problematiche più critiche e quali gruppi di popolazione sono maggiormente a rischio nel mondo?

    Sì, la situazione è terribile e le tendenze sono preoccupanti. Fondamentalmente, possiamo parlare d’intolleranza religiosa, discriminazione e persecuzione a tutti i livelli possibili. I credenti sono perseguitati in molte regioni del mondo. Le minoranze, in tanti Stati, subiscono ostilità sociale, vessazioni per mano di agenzie governative o da parte di attivisti non statali. Vengono discriminati nell’accesso all’istruzione, all’occupazione, agli uffici pubblici, al diritto di proprietà. Nel mondo, 13 Stati applicano la pena di morte per ateismo, 22 Paesi per conversione e oltre 70 Paesi hanno leggi che puniscono la blasfemia. Vediamo l’estremismo violento alimentato dal terrorismo islamico, dal nazionalismo indù o buddista, ma anche dallo statalismo ateo o dal laicismo ideologico. Il trattamento altamente disumano delle minoranze è una forma di genocidio; sfortunatamente non si tratta soltanto di una minaccia storica o teorica, ma di un’evidente incapacità di proteggere i gruppi vulnerabili. Il secolo dei genocidi interpella la nostra coscienza e la nostra responsabilità consiste nel generare una differenza positiva per il futuro dell’umanità.

    Qual è il significato della libertà di credo in questo nostro tempo?

    La libertà di religione o di credo è un criterio di civiltà. È una cartina di tornasole di tutti i diritti umani. Quando mostriamo la nostra solidarietà ragionevole e tempestiva con coloro che soffrono, stiamo preservando l’umanità e stiamo operando contro l’odio e la violenza.

    Abbiamo bisogno di persone intelligenti più che di apparecchi telefonici intelligenti! Significa che in un mondo globalizzato ricco di diversità dobbiamo imparare anche l’alfabetizzazione religiosa, accanto a quella digitale. Quando difendiamo e prestiamo assistenza alle comunità perseguitate, affrontiamo anche le radici della crisi dei rifugiati. E, allo stesso tempo, confermiamo la nostra identità, perché la nostra memoria e la nostra identità sono strettamente interconnesse.

    Prendiamo tre grandi religioni monoteistiche: l’islam, l’ebraismo e, naturalmente, il cristianesimo. Come possono unire le loro forze per promuovere la libertà religiosa?

    Se c’è una minoranza perseguitata all’interno di un Paese, anche le altre minoranze saranno sottoposte a questa minaccia. Ne troviamo molti esempi in Medio Oriente, in Nord Africa o nel Sud-Est asiatico. Tutti noi siamo minoranze alcune volte e in alcuni luoghi. Pertanto, è importante trattare le minoranze in modo equo e su una base di uguaglianza. A tutti quanti – laici o religiosi – viene rivolto un pressante invito ad agire gli uni verso gli altri nello spirito della fratellanza. Le tre religioni monoteistiche dovrebbero dare l’esempio in positivo. Esse svolgono un ruolo cruciale nella promozione della giustizia e della pace, specialmente in Medio Oriente, la culla della loro cultura. Ci è voluto molto tempo prima di poter vedere il grande leader cristiano, Papa Paolo VI, entrare in una sinagoga e di vedere Giovanni Paolo II varcare la soglia di una moschea. L’anno scorso, Papa Francesco e la suprema autorità islamica sunnita, il Gran Mufti di Al Ahzar, si sono incontrati al Cairo. I fedeli del cristianesimo, dell’ebraismo e dell’islam rappresentano oltre il 55% della popolazione mondiale. Quando la maggioranza della popolazione mondiale agirà per un mondo migliore, questo obiettivo potrà essere raggiunto!

    I leader religiosi e le comunità di fede hanno la loro quota di “responsabilità sociale religiosa” per far prevalere la pace, la giustizia e lo sviluppo sostenibile.

    Lei sta attirando l’attenzione dell’Unione europea sui gravi problemi concernenti la libertà religiosa. Su quali competenze e strumenti può contare con il suo incarico per intervenire concretamente?

    Il mio impegno in questo ruolo equivale a una missione pioneristica. Mi adopero per comunicare, per aprire le porte, le menti e i cuori e per collaborare con coloro che sono disposti a cooperare con l’Ue. Io non impartisco insegnamenti, non predico, non lancio accuse, ma mi sforzo di capire la situazione, le radici dei problemi e di trovare soluzioni efficaci. Quando troviamo un linguaggio comune e un terreno comune, esiste la possibilità di definire anche interessi e obiettivi comuni. Nel profondo di se stessi, tutti concordano che esiste un bene comune. Io non ho buone competenze o un ricco budget, ma faccio affidamento sulla fiducia e sul sostegno della Commissione europea e sulla diplomazia dell’Ue. Per il sostegno ai diritti umani, inclusa la tutela della libertà religiosa, viene utilizzato uno strumento finanziario specifico, lo “Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani”, che può contare su un budget di 1,4 miliardi di euro. Per la prima volta, sosteniamo anche il dialogo interreligioso e interculturale come prevenzione dell’estremismo violento.

    Nel Parlamento europeo c’è un crescente sostegno all’istituzionalizzazione del mandato dell’inviato speciale, al potenziamento delle capacità personali e al rafforzamento dei fondi disponibili per questa funzione.

    https://www.agensir.it/europa/2018/11/12/liberta-religiosa-nel-mondo-figel-ue-violenze-e-discriminazioni-serve-unazione-decisa-e-corale

  • Cristiani perseguitati: Ján Figel (Ue) aderisce all’iniziativa di Acs. Il 24 febbraio il Colosseo sa

    Cristiani perseguitati: Ján Figel (Ue) aderisce all’iniziativa di Acs. Il 24 febbraio il Colosseo sa

    “Apprezzo molto questa iniziativa che è altamente rilevante e capace di connettere la storia con l’attuale situazione. Eventi come l’illuminazione del Colosseo riescono ad aprire le menti e i cuori delle persone, facendole interessare al tema della libertà di fede”. Ján Figel, inviato speciale dell’Unione europea per la promozione della libertà religiosa, esprime il proprio sostegno all’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Il prossimo 24 febbraio alle 18, la Fondazione pontificia illuminerà di rosso il Colosseo “in ricordo – spiega un comunicato – del sangue versato ancora oggi da tanti cristiani, in una serata che vedrà collegamenti con Mosul e Aleppo, nonché la partecipazione di personalità quali il segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, e il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani”. L’iniziativa di Acs intende “far volgere lo sguardo del mondo alle violazioni alla libertà religiosa, troppo spesso taciute da mezzi d’informazione e comunità internazionale”. La denuncia è condivisa dallo stesso Figel: “Purtroppo i media e i politici non prestano sufficiente attenzione a questa situazione. Il silenzio e l’indifferenza, invece, aiutano chi commette tali crimini e feriscono ulteriormente le vittime”.

    Per maggiori informazioni acs-italia.org/colosseo.

    Articolo: https://www.agensir.it/quotidiano/2018/2/16/cristiani-perseguitati-jan-figel-ue-aderisce-alliniziativa-di-acs-il-24-febbraio-il-colosseo-sara-colorato-di-rosso/

  • JÁN FIGEL, INVIATO SPECIALE UE, AD ACS: «SILENZIO E INDIFFERENZA AIUTANO I PERSECUTORI. IL COLOSSEO

    JÁN FIGEL, INVIATO SPECIALE UE, AD ACS: «SILENZIO E INDIFFERENZA AIUTANO I PERSECUTORI. IL COLOSSEO

    «Apprezzo molto questa iniziativa che è altamente rilevante e capace di connettere la storia con l’attuale situazione. Eventi come l’illuminazione del Colosseo riescono ad aprire le menti e i cuori delle persone, facendole interessare al tema della libertà di fede e al tempo stesso facendo loro mostrare maggiore solidarietà con le comunità sofferenti in tutto il mondo». Con queste parole Ján Figel, inviato speciale dell’Unione Europea per la Promozione della Libertà Religiosa, esprime il proprio sostegno all’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Il prossimo 24 febbraio alle ore 18, la Fondazione pontificia illuminerà di rosso il Colosseo in ricordo del sangue versato ancora oggi da tanti cristiani, in una serata che vedrà collegamenti con Mosul e Aleppo, nonché la partecipazione di personalità quali il segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

    Se ACS organizza simili iniziative è per far volgere lo sguardo del mondo alle violazioni alla libertà religiosa, troppo spesso taciute da mezzi d’informazione e comunità internazionale. Una denuncia condivisa dallo stesso Figel. «Purtroppo i media e i politici non prestano sufficiente attenzione a questa situazione. Il silenzio e l’indifferenza, invece, aiutano chi commette tali crimini e feriscono ulteriormente le vittime».

    Lo stato attuale del rispetto della libertà religiosa e di culto in tutto il mondo è «allarmante», come afferma lo stesso inviato Ue per la libertà religiosa nel mondo. «Il 75 percento della popolazione mondiale vive in paesi in cui si registrano gravi o perfino estreme violazioni a tale fondamentale diritto. E si tratta purtroppo di una tendenza che continua a peggiorare: le negazioni si inaspriscono dall’intolleranza e dalla discriminazione e attraverso la persecuzione sfociano perfino nel genocidio».

    Di fronte ad un quadro tanto cupo è dunque imperativo squarciare il velo dell’indifferenza, anche attraverso il ricordo dei martiri cristiani di ieri e di oggi. «Ve ne sono molti le cui storie sono una grande fonte d’ispirazione per tutti noi – nota Figel – Una figura che, per affetto e cultura, mi è particolarmente cara è quella di San Massimiliano Kolbe, il sacerdote polacco che nel campo di concentramento di Auschwitz ha offerto la propria vita per salvare quella di un padre di famiglia».

    L’appuntamento è sabato 24 febbraio alle ore 18 in Largo Gaetana Agnesi.

    Per maggiori informazioni acs-italia.org/colosseo

    Articolo: http://acs-italia.org/acs-notizie-dal-mondo/jan-figel-inviato-speciale-ue-ad-acs-silenzio-indifferenza-aiutano-persecutori-colosseo-rosso-puo-aprire-menti-cuori/

  • L’inviato UE sulla libertà religiosa: “Il contributo dei cristiani centrale in Europa”

    L’inviato UE sulla libertà religiosa: “Il contributo dei cristiani centrale in Europa”

    L’inviato UE per la libertà religiosa con il Cardinale Reinhard Marx durante il convegno (Re)Thinking Europe

    CITTÀ DEL VATICANO , 06 novembre, 2017 / 9:00 AM (ACI Stampa).

    La necessità di esercitare una libertà responsabile. Il rafforzamento del tema della libertà religiosa, non solo al di fuori dei confini dell’Unione Europea, ma anche al suo interno. L’importante contributo cristiano alla costruzione di una nuova Europa. Jan Figel, inviato speciale dell’Unione Europea per la Promozione della Libertà Religiosa al di fuori dell’UE dipana questi temi in una esclusiva ad ACI Stampa.

    Figel parla al termine della conferenza (Re)Thinking Europe, organizzata dal COMECE con il supporto della Segreteria di Stato vaticana. E non manca di ricordare che la sua posizione è stata annunciata al termine del conferimento del Premio Carlo magno a Papa Francesco, in Vaticano.

    “I cristiani – afferma al termine dell’incontro – dovrebbero contribuire a costruire una Europa libera, unica, riconciliata ed unita attraverso la partecipazione a tutti i livelli della vita pubblica. Abbiamo bisogno di una libertà responsabile, perché senza la responsabilità, la libertà resta immatura, o cessa addirittura di esistere, diventando facile vittima di populismi, estremismi, o al limite patendo l’influsso di varie ideologie”.

    Cosa intende per libertà responsabile?

    La libertà è un grande dono per l’uomo. Ma senza responsabilità, la libertà non è sostenibile Quasi scompare. La libertà ha bisogno dunque di maturità attraverso la cittadinanza attiva. Siamo liberi di scegliere e di decidere, ma solo guardando al bene commune rafforziamo la nostra libertà. La scelta di decisioni contro le libertà e i diritti fondamentali di altri indebolisce o persino elimina la libertà globale della società.

    Quindi come si struttura la libertà responsabile?

    La libertà responsabile riconosce e realizza doveri e obllighi con i diritti. Le attuali tendenze di una mentalità unilaterale, basata solo sui diritti, minacciano ed erodono la libertà di tutta la società. I miei diritti, invece, sono possibili e raggiungibili solo se rispetto i miei obblighi nei confronti degli altri e della comunità in cui vivo. Questa attitudine bilanciata rappresenta l’azione matura, e costruisce la libertà responsabile.

    Lei è inviato speciale per la libertà religiosa. Cosa può fare l’Europa per sostenere la libertà religiosa nel mondo?

    L’Europa conosce molto bene, attraverso le lezioni del 20esimo secolo,. Perciò, l’Europa dovrebbe abbracciare il valore essenziale della Libertà di Religione e di Credo in maniera più attiva sia fuori che all’interno dell’Europa, perché questa rappresenta la libertà di pensiero, di coscienza, di religion e convinzione, così cara e importante per la vita di ciascuno e la dignità personale.

    Perché la libertà religiosa è così importante?

    Perché la libertà religiosa è il banco di prova per tutti i diritti umani, perché se questo diritto viene a mancare, gli altri diritti politici e civili sono ristretti allo stesso modo. Potrei, da slovacco, parlare molto di questo, sulla base delle esperienze nella ex Cecoslovacchia e nelle nazioni del blocco soveitico.

    Lei è inviato per la promozione della libertà religiosa al di fuori dell’Europa. Ma i rapport sulla libertà religiosa raccontano di una libertà religiosa sempre più a rischio anche nel cuore dell’Europa. Cosa dovrebbe fare l’Europa oggi?

    L’Europa dovrebbe avere più consapevolezza del tema della libertà religiosa e promuovere l’agenda della libertà religiosa in un modo ancora più coerente. Eppure, oggi vediamo una situazione globale molto negativa, e allo stesso tempo ci sono tendenze di peggioramento in molte nazioni e regioni del mondo. In realtà, questo significa l’invito a fermare le persecuzioni, la discriminazione e i conflitti violenti, e lavorare per creare più giustizia e una trattamento chiaro delle differenti fedi minoritarie e comunità. Questa è sia nostra responsabilità e commune interesse. Le politiche interne ed esterne dell’Unione Europea sono in realtà due parti della stessa agenda comunitaria.

    In che modo si integrano?

    Più attenzione e chiaro impegno a favour della libertà di pensiero e religion a livello internazionale possono aiutare a rinnovare l’impegno europeo per la libertà religiosa nei suoi confine. Questa è una delle ragioni per cui il mio mandato da Inviato Speciale è orientate al di fuori dell’Unione Europea, ma allo stesso tempo è connesso con l’articolo 17 del Trattato di Lisbona, che parla del dialogo tra UE e religioni.

    In che modo l’Europa dovrebbe essere rivista? Quali sono le impressioni che hai alla fine di questo incontro?

    L’incontro è stato molto opportune e utile, perché molte persone sollevano preoccupazioni giustificate riguardo il futuro dell’integrazione europea. La fiducia nel progetto dell’Unione Europea è stato indebolito dalla Brexit, dalla crescent instabilità nel continente e nel nostro vicinato, passando attraverso un decennio di crisi dalle molte faccio – monetaria, finanziaria, economica, migratoria, politica.

    Quale è il ruolo dei cristiani?

    I cristiani sono stati molto attivi nel processo dell’integrazione europea. Il loro contributo politico è fuori discussione. L’operato di leaers come Schuman, Adenauer, De Gasperi è stato decisive. Oggi i cristiani sono chiamati a non rimanere in disparate e lamentare la situazione, ma, all’opposto, devono riportare al centro ciò che manca ed è necessario per il rinnovamento europeo: valori fondamentali, impegno personale e spirito di unità. Sono contribute che non possono essere generate dal mercato, dall’euro o dalla geografia. Ci sono furttti della libertà responsabile, il senso di solidarietà e di buona volontà, che porta ad una ragionevole, vera soluzione dei problemi.

    Dialogo, inclusione, solidarietà, sviluppo e pace sono i cinque pilastri su cui costruire l’Europa, secondo quello che vi ha detto Papa Francesco.Lei è d’accordo?

    Sebbene venga dall’America Latina, il Papa comprende perfettamente l’importanza del futuro europeo non solo per questo continente, ma per lo sviluppo globale. I pilastri dell’Europa su cui vorrei soffermarmi sono quelli di dignità, giustizia, sussidiarietà, solidarietà e dialogo.

    È questa la sua lista di superiorità?

    Sì. Nel mio corrente incarico, ma anche in precedenza come Commissario Europeo per l’Educazione e la Cultura, vedo molto da vicino quanto questi principi e pilastri stiano sempre più diventando importanti.

    In quale ordine?

    La dignità umana è il primo e principale valore per i popoli ovunque, dopo un secolo di genocidi che è cominciato in Armenia ed è culminate con le atrocità di massa dell’ISIS di questi anni. La pace è il frutto della giustizia, e perciò c’è bisogno di lavorare meglio e di più per la giustizia, specialmente nelle istituzioni delle Nazioni Unite. Quindi, la sussidiarietà, che è il nome alternative della libertà e di una politica pubblica ben organizzata a livello internazionale. Questo è un principio chiave della Dottrina Sociale della Chiesa. L’Europa dovrebbe apprendere meglio questo principio, perché la sussidiarietà sarà importante per il rinnovo della fiducia mutual e istituzionale.

    Quindi, la solidarietà…

    Sì, perché la solidarietà rappresenta il cemento nelle mura della nostra casa europea. Senza solidarietà, la casa cadrà. Ragionevolmente, la solidarietà efficace è una conseguenza della sussidiarietà. La solidarietà con i vulnerabili e i marginalizzati è un investimento contro la poverà, le divisioni e l’estremismo che può solo dare frutti. Questi principi rappresentano le basi del bene commune, tem ache spesso manca nelle politiche nazionali e internazionali di oggi. Infine, il dialogo, che rappresenta la cultura di aperture, di comprensione degli altri, e di compassone per le persone del mondo.

    Sono questi dunque i principi di cui c’è bisogno per l’Europa?

    Sì, se l’Europa vuole essere davvero depositaria del suo destino, leader dell’umanità, protettore di democrazia ed esempio di solidarietà universal. E questa Europa servirà come una fonte di speranza e di umanesimo integrale sia per la gente che per il mondo. Questo è il messaggio di Robert Schuman e dei Padri Fondatori dell’Europa alla nostra generazione. E io condivido questo sogno e visione.

    Quindi, ora quale è l’obiettivo?

    Il problema non è l’Unione a più velocità, o la geometria variabile. Il problema è il modo in cui si orienta – Quo vadis, Europa? Questa è la domanda! Quando l’orientamento è chiaramente disposto e condiviso consensualmente, allora riforme ragionevoli e politiche devono seguire, eliminando lo spazio per questa onda di frustrazione, populismo ed estremismo. È il tempo di passare da una politica di identità all’etica di responsabilità, senza per questo abbandonare l’importanza di ciascuna identità e senza per questo metere in discussione la diversità delle nostre culture, nazioni e religioni. L’unità, non l’uniformità, basata sull’eguale dignità di ogni popolo è sia una vision nobile che un bisogno pratico. I cristiani e la Chiesa hanno storicamente accumulato una tremenda ispirazione spirituale, un tesoro di esperienza e bene che sono strumenti per costruire e promuovere ulteriormente una comunità umana riconciliata.

    Articolo: http://www.acistampa.com/story/linviato-ue-sulla-liberta-religiosa-il-contributo-dei-cristiani-centrale-in-europa-7259